Dialetto brianzolo: dubiae, lenzeu e patùna

Rubrica settimanale a cura dell'esperto Roberto Beretta.

Dialetto brianzolo: dubiae, lenzeu e patùna
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Una pillola di dialetto brianzolo. Torna l’appuntamento con la rubrica dedicata alla lingua brianzola. Curata da Roberto Beretta, cassaghese, autore del dizionario brianzolo-italiano acquistabile in tutte le libreria del territorio. La puntata di oggi è dedicata alla dubiae.

Dialetto brianzolo: dubiae

La coperta è la cuértæ. La dùbiæ è un termine più specifico che identifica la somma di quanto c'è sopra il letto allo scopo di coprirsi, siano appunto coperte, prepùntæ (trapunta pesante), prepuntïnn (trapunta per il letto dei bambini), lenzeu (lenzuola) quando c'erano. Na sôtt a la dùbiæ indica l'atto di infilarsi sotto le coperte. Fa sôtt la dùbiæ è il rincalzare le coperte e quant'altro sotto il materasso sia ai piedi del letto che lateralmente. Operazione che, da qualche decennio, è in disuso dopo l'avvento di piumini e coperte termiche e temperature nelle camere certamente meno fredde. Gli scopi del fa sôtt la dùbiæ erano diversi, il letto dava l'impressione di essere ben in ordine, nel caso dei bimbi piccoli evitava che cadessero dal letto e principalmente d'inverno quando faceva molto freddo, serviva a limitare l'entrata sotto le coperte di spifferi gelidi. Dubià indica l'atto di ripiegare in due una coperta o un tessuto, da non confondere con sdubià che invece significa incurvare, piegare a U. Con il letto ha a che fare anche la patùnæ, un panno o un telo cerato messo, nella posizione opportuna, a protezione del materasso per preservarlo dalla pipì di bambini o infermi. Ul patunïnn era un panno morbido messo tra la pelle del lattante e la pezza usata per fasciarlo in modo limitare che la pelle si arrossasse mentre la patunìnæ era un panno di lana messo sotto la maglia intima all'altezza del petto per proteggersi dal freddo. La patùnæ era anche, nelle case povere di campagna, un pesante telo che sostituiva le porte interne. Il telo veniva inchiodato direttamente al muro, non era pertanto scorrevole e per passare bisognava spostarlo un po'. Un modo di dire non ancora del tutto dimenticato è a ca tuæ gh'èt seu la patùnæ? rivolto a chi per abitudine o inavvertitamente non chiude le porte.

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