Metastasi mafiose sulle sponde dell'Adda: 60enne in manette

Per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione e spaccio stupefacenti.

Metastasi mafiose sulle sponde dell'Adda: 60enne in manette
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Sabato 18 gennaio 2020, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecco hanno tratto in arresto Alessandro Nania, 60enne, residente a Calolziocorte, in esecuzione di ordine di carcerazione emesso il 17 gennaio 2020 dalla Procura Generale della Repubblica della Corte di Appello di Milano.

Metastasi mafiose sull'Adda

Il 60enne è stato intercettato al centro commerciale “Le Meridiane”, da una gazzella dell'Arma, nel contesto di un servizio di controllo del territorio in atto in tutta la provincia.

Il provvedimento restrittivo, che ne dispone la carcerazione (la pena pena residua da scontare è di 5 anni) per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione e spaccio stupefacenti, è conseguente al pronunciamento della Suprema Corte di Cassazione del 28 novembre 2019, che ha reso definitiva la condanna (7 anni e 9 mesi) comminatai dalla Corte di Appello di Milano l’11 febbraio 2019, nell’ambito dell’indagine “Metastasi”.

Arrestato il 60enne Nania

In quell'indagine, condotta dalla DDA di Milano, che ha disarticolato il Clan della Locale di ‘Ndrangheta facente capo a Mario Trovato (fratello di Franco), non solo Nania: a luglio 2019 i Carabinieri di Lecco avevano arrestato Ernesto Palermo (a Galbiate) e Claudio Bongarzone (a Lecco) che insieme a Nania avevano scelto il rito abbreviato nel processo Metastasi non ancora concluso.

Un iter processuale  tormentato

I giudici milanesi avevano ritenuto che il trio facesse parte sì di un’associazione per delinquere, ma non di stampo mafioso. Anche il primo Appello aveva confermato questa visione dei fatti. Nel frattempo il Tribunale di Lecco, il 1° marzo del 2016, aveva condannato Trovato e il suo clan ritenendo che, invece, a Lecco la ‘ndrangheta fosse operativa. Due pesi e due misure ai quali ha deciso di porre rimedio la Corte Suprema nel 2017. Infatti la seconda sezione della Cassazione, presieduta dal giudice Piercamillo Davigo, aveva accolto la richiesta della Procura Generale che aveva impugnato la sentenza d’Appello del 15 maggio 2016, contestando l’associazione mafiosa per i tre imputati e rinviando gli atti a Milano per un nuovo processo. E a febbraio la nuova sentenza ha decretato che Palermo, Bongarzone e Nania sono mafiosi.

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