Violenza sulle donne: la testimonianza

Lo psicanalista Luigi Campagner racconta l'esperienza di una donna che aveva subito violenze dal marito

Violenza sulle donne: la testimonianza
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«La difficoltà nell’uscire da una situazione di violenza dipende spesso dalla durezza del persecutore, ma pure da un disagio stesso della donna nel sganciarsi da quel rapporto». L’enigma della violenza di genere è sintetizzato così da Luigi Campagner, psicanalista e direttore generale della Cooperativa “Il Sentiero”, che nel territorio lecchese segue le strutture “La Bussola” (Merate) e “Casa La Vita” (Lecco).

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Racconta di una donna che ha seguito in terapia: «Aveva subito violenze dal marito, che però era morto ormai da 4 anni: nonostante il violentatore non fosse più sulla scena aveva scelto di intraprendere una terapia personale poiché aveva bisogno di fare un percorso di liberazione. Era perseguitata dagli incubi». Questo fa capire quanto il fenomeno si esprima non solo in una dimensione sociologica. «La liberazione avviene prima in una chiave personale della donna. Altrimenti non si spiegherebbe la contraddizione rappresentata da quelle donne che denunciano il partner per poi ritirare la denuncia, oppure rinunciano pure a stare con i figli per mantenere il rapporto con l’uomo che è origine dei loro mali». Campagner parla di «educare all’amore» quale strada per l’affrancamento dai compagni maltrattanti. «Solo chi fa un percorso personale in cui riesce a riconoscere che un rapporto di maltrattamento non potrà essere chiamato amore potrà trovare in futuro relazioni che minimizzano il rischio di ripetere passi falsi relazionali».

Centri Artemisia

Nei «Centri Artemisia» si lavora sulla differenza tra «trattare» e «maltrattare»: «In ambito sanitario, la parola “trattare” ha significato specifico: sono quelle azioni che portano ad un cambiamento. Per noi il passo è soffermarsi sulla possibilità di distinguere in ogni momento della giornata la differenza tra trattare bene e trattare male una persona, e l’origine di un buon trattamento sta nel rispetto del pensiero, delle inclinazioni e dei desideri dell’altro. Le nostre operatrici lavorano con questa bussola, affinché anche nelle ospiti cresca la capacità di riconoscere un trattamento buono da uno cattivo».

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