Violenza di genere, 1 donna su 3 l’ha subita: il piano della Regione

L’assessore Silvia Piani presenta le azioni messe in campo dal Pirellone. E a Lecco? "Purtroppo la gente si costruisce un pensiero sulla base della cronaca, che tratta gli episodi eclatanti, quando ormai sono esplosi".

Violenza di genere, 1 donna su 3 l’ha subita: il piano della Regione
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Sarà in commissione la prossima settimana il nuovo Piano Quadriennale Anti-Violenza della Regione Lombardia, un testo che raccoglie le iniziative che il Pirellone adotterà tra il 2020 e il 2023 per il contrasto della violenza di genere. Si parla di consolidamento delle reti territoriali anti-violenza, rafforzamento e qualifica delle strutture d’accoglienza, sostegno alle politiche di prevenzione. «Sicuramente, rispetto al piano precedente questo è più articolato e ambizioso», dice l’assessore regionale alle Politiche per la Famiglia, Genitorialità e Pari opportunità, Silvia Piani.

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Violenza di genere: quali sono le novità maggiori che intendete sottolineare?

«Si è data importanza ad aspetti che prima erano toccati solo marginalmente, come ad esempio il tema dei minori che assistono a violenza su madre, oppure degli orfani di femminicidio, pochi ma purtroppo anche presenti nella nostra regione. E ancora, alla violenza su donne disabili: pure loro soffrono una violenza, legata sia al loro essere donna quanto alla loro fragilità».

Spesso i cittadini non sono a conoscenza neanche della presenza delle reti anti violenza sparse sul territorio. Come possono essere ulteriormente valorizzate?

«Facciamo molta campagna di comunicazione, addirittura già dallo scorso anno abbiamo attivato un’applicazione per smartphone che raccoglie tutti i centri anti-violenza, i rifugi, i numeri utili… Abbiamo anche un sito web dedicato, “Non sei da sola”, e sul territori ci sono molto iniziative. I centri anti-violenza sono quindi molto attivi per farsi conoscere e far notare i loro aiuti. Stanno diventando capillari sul territorio, e il lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sta avendo grande effetto».

Quali sono le informazioni che avete sulle donne che si rivolgono a questi centri? Purtroppo sappiamo che è un fenomeno che interessa tutti gli strati sociali…

«Per assurdo il fenomeno emerge più tra le donne italiane. Non è problema etnico, quanto culturale: è più probabile che emerga tra gli italiani, ma è anzitutto trasversale. La Regione ha un Osservatorio Regionale Anti-Violenza (ORA), che dà la fotografia di chi sono donne che si rivolgono al centro. Molto spesso sono persone che non hanno fonte di reddito stabile, quindi la prima difficoltà che hanno è quella di allontanarsi dal compagno che le maltratta. Inoltre emerge che tante donne hanno figli».

I dati sulla violenza delle donne in Lombardia sono preoccupanti: è un fenomeno che interessa 1 donna su 3, tra i 16 e 70 anni.

«Ci sono ci sono tanti fenomeni di violenza, non solo quella fisica che fa clamore o che addirittura sfoga nel femminicidio. C’è anche la violenza psicologica, che è più presente di quella fisica, ed è più subdola. La cosa che fa riflettere è che tante donne non sanno nemmeno di essere vittime di violenza psicologica».

 

Quali politiche di prevenzione pensate possano essere consolidate attraverso il piano Quadriennale?

«Si è fatta tanta formazione dei medici di base, delle forze di polizia e degli avvocati, di chi cioè viene in contatto con le donne vittime. Tenteremo di capire come recuperare un maltrattato, in ottica preventiva».

E a Lecco?

C’è un lavoro continuo a dettare il ritmo della Rete Territoriale Anti-Violenza, l’ente che collega circa 20 soggetti della provincia lecchese, con a capo il Comune di Lecco, e che ha funzioni di carattere consultivo e di raccordo. Una squadra che mette in relazione tanto le istituzioni locali, quando le forze dell’ordine e la prefettura, ma pure gli organi sanitari, i centri antiviolenza, il provveditorato agli studi, l’ordine degli avvocati e un’associazione del mondo delle imprese…
Il vicesindaco di Lecco, Francesca Bonacina, parla con la consapevolezza di chi il problema della violenza di genere lo tratta con frequenza, ma pure con la lena di una realtà che negli ultimi 4 anni ha visto promuovere progetti per oltre 500mila euro: «Si è lavorato tanto sulle procedure, in quanto affrontare una violenza vuol dire analizzarla da profili diversi: sanitario, legale, servizi sociali… Le risorse sono state usate anche per offrire più case e rifugi alle donne, accompagnamento, consulenze legali e psicologiche, talvolta pure aiuto medico».
Tra le tante attività, la Rete guidata dal Comune di Lecco è il luogo attraverso cui passa il parere per la presentazione di progetti alle programmazioni regionali. «Negli ultimi due anni si è lavorato su tematiche come casa e lavoro. Se una donna ha fatto un percorso di riabilitazione spesso incorre in necessità di indipendenza economica o abitativa».
Resta l’urgenza di un’opinione pubblica che ancora non ha la piena percezione di questo fenomeno: «Purtroppo la gente si costruisce un pensiero sulla base della cronaca, che tratta gli episodi eclatanti, quando ormai sono esplosi. Una grande domanda è capire se oggi i casi sono effettivamente di più o se invece sono semplicemente in crescita le denunce, ma la vera percezione che manca è quella relativa a quanto accade prima di una violenza. Queste situazioni non si creano in un giorno, ma sono il risultato di anni vissuti, talvolta, in situazioni di maltrattamento o disagio».

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