Travolta da un pirata della strada, si racconta dopo tre anni

La storia di Soda Fall, 25 anni, residente a Osnago, investita nel 2015 alla Sernovella a Robbiate.

Travolta da un pirata della strada, si racconta dopo tre anni
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Pochi giorni dopo l’incidente che esattamente tre anni fa le cambiò la vita, avrebbe dovuto partire per il Senegal e sposarsi. Il fidanzato, che ancora l’attende per onorare la promessa di matrimonio, l’aspettava in Africa insieme alla madre e agli altri suoi cinque fratelli.  Per Soda Fall, 25 anni, residente a Osnago, il tempo si è fermato a quel maledetto pomeriggio di tre anni fa.

Travolta da un pirata a Robbiate

Era il 21 novembre del 2015, un sabato, e Soda aveva lasciato l’azienda per cui lavorava a Robbiate e stava tornando a casa a piedi, a Osnago, quando in via Sernovella un furgone l’ha colpita violentemente alla testa con lo specchietto retrovisore scaraventandola in un campo. E lì Soda è rimasta agonizzante per tutta la notte fino al mattino successivo, quando alle 8.20 due runner di passaggio hanno intravisto la sua sagoma scura riversa nel campo e chiamato il 112.  «Non ricordo niente dell’incidente e tutto sommato penso che sia una bella cosa», racconta Soda, che abbiamo incontrato giovedì scorso nella sua casa in via Giotto a Osnago insieme a mamma Mada e papà Mbaule.

Una serenità sorprendente

Parla lentamente e con qualche difficoltà, ma con un linguaggio molto appropriato. Seduta sul divano, le mani intrecciate in grembo, è un po’ intimidita dalla nostra presenza. Sul viso, che ancora porta i segni dell’incidente, sfodera un sorriso dolce e disarmante. «Ho difficoltà a ricordare la mia vita prima dell’incidente - dice con una serenità per certi aspetti sorprendente - Ricordo che lavoravo per una ditta di imballaggi, ma niente più. Mi hanno detto che quel pomeriggio stavo tornando a casa, ma non ricordo niente di quello che è successo».  Un po’ tutta la vita di Soda precedente a quel terribile momento è avvolta in una nebbia indistinta. Alcuni dettagli sono ancora chiari e vividi - come gli anni trascorsi a scuola e il diploma di perito turistico conseguito con 66/100 all’istituto Fumagalli di Casatenovo - ma molti altri appaiono lontani e offuscati.

Un mese in coma in ospedale

Ricoverata in condizioni disperate all’ospedale di Bergamo, Soda trascorse un mese in coma. Quando si risvegliò, si ritrovò immobile in un letto con i postumi di un violento trauma cranico e la tracheostomia che le impediva di parlare. «Anche di quel periodo ho ricordi confusi. Sapevo solo che mi trovavo lì e che non potevo camminare e parlare, ma non capivo perché».  Ci è voluto molto tempo prima che potesse realizzare quello che era successo. Solo dopo parecchi mesi e la riabilitazione all’ospedale di Zingonia, dove ha ripreso a parlare e a fare i primi piccoli passi, il papà le ha raccontato cosa era successo.  Da allora Soda non ha mai smesso di fare esercizi di ginnastica e riabilitazione oltre che periodiche visite neurologiche. A breve, spiega il papà che vive in Italia dal 1986 e dal 2001 lavora come operaio alla Fomas, Soda comincerà all’ospedale di Lecco il percorso per la ricostruzione dei denti. Lo spaventoso impatto con lo specchietto del furgone, oltre a procurarle un violentissimo trauma cranico con conseguente emorragia cerebrale, le fece letteralmente saltare tutti i denti, superiori e inferiori. La botta fu così violenta che Soda fu costretta ad ingoiarne alcuni; uno finì addirittura in un polmone ma per fortuna i medici riuscirono poi ad estrarlo.

Esce di casa solo per visite mediche

Da quando è tornata a casa, Soda non è più uscita, se non per le visite mediche e le sedute di riabilitazione. La sua vita, che è cambiata irrimediabilmente, è fatta di piccoli gesti quotidiani.
«La mattina mi alzo e mi alleno un po’ sul tapis roulant. Per il resto me ne sto tranquilla, faccio piccoli passi qui - dice indicando il tappeto del salotto - Ho dovuto imparare a camminare di nuovo... ma cammino piano e mi sento insicura». Le chiediamo se l’incidente le ha lasciato dei postumi dolorosi. «Non sento dolore nel corpo - risponde - Per fortuna quello no. Fisicamente faccio molta fatica a muovermi, ma psicologicamente mi sento serena».

Il fidanzato la aspetta in Senegal

A darle serenità sicuramente contribuisce il fidanzato che ancora l’attende in Senegal. «Ci sentiamo ogni giorno - dice con un luminoso sorriso - ci scriviamo su Whatsapp e anche sul tablet. Ci sposeremo non appena sarò guarita». «Il progetto era che lei andasse in Senegal, si sposasse e poi tornasse qui, al lavoro - spiega ancora il papà - Il marito l’avrebbe raggiunta più tardi. Dopo l’incidente non si sono più visti. Lui avrebbe dovuto venire a trovarla, ma è complicato e costoso e non s’è fatto più niente. Appena possibile, comunque, si sposeranno». Nel frattempo la famiglia di Soda si è riunita. L’incidente che le ha segnato in maniera irreversibile la vita, procurandole un’invalidità dell’85%, ha avuto come conseguenza positiva quella di riunire tutta la sua numerosa famiglia e di riportare in Italia la mamma e i suoi cinque fratelli. «Dal punto di vista assicurativo e pensionistico siamo a posto», dice il papà che con Soda ha testimoniato in tribunale nel corso del processo al pirata, Giuseppe Mazza, 47 anni di Cornate d’Adda, che l’ha investita. La sentenza è dei giorni scorsi: condanna a due anni (pena sospesa) e a un anno di sospensione della patente. Niente e nessuno potrà però restituire a Soda la sua vita,

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