Meno offerte, parrocchia di San Nicolò in rosso

I fedeli a messa offrono si è no 50 centesimi a testa. L’appello: "Questa è la casa di tutti"

Meno offerte, parrocchia di San Nicolò in rosso
Pubblicato:
Aggiornato:

«I conti non vanno bene». E’ con serena franchezza - e una chiarezza che nessun lecchese ricordava di aver mai sperimentato a cospetto del pulpito nella basilica di San Nicolò - che il Prevosto, monsignor Davide Milani, in coda a ciascuna delle messe festive celebrate nella giornata di domenica, ha condiviso con i fedeli la situazione economica della Parrocchia.
Una comunicazione, come ha sottolineato il parroco, che è stata decisa insieme ai membri del consiglio amministrativo che nei giorni scorsi ha stilato il consuntivo del 2018. Entrate e uscite di un anno che ha registrato l’arrivo del nuovo prevosto ad ottobre.

Meno offerte, parrocchia di San Nicolò in rosso

«La parrocchia non è mia, non è dei preti, io non sono l’amministratore delegato. Sono qui con voi per cercare insieme il Signore, poi ci sono anche responsabilità amministrative che è giusto condividere» ha premesso don Milani, se mai ci fossero errate convinzioni al riguardo. Ebbene il bilancio consolidato che oltre alla gestione della parrocchia di San Nicolò comprende quella dell’oratorio, della scuola dell’infanzia Giovanni XXIII e della Casa alpina in val Biandino, registra una perdita di 110mila euro.

I conti

Il prevosto ha passato in rassegna i capitoli del registro contabile. Le sole attività parrocchiali hanno chiuso con una perdita di 51mila euro. «L’obiettivo non è fare utili - la chiosa a latere - ma una famiglia non può perdere soldi all’infinito». Le uscite sono complessivamente state pari a 424mila euro. Tra le voci più consistenti i 25mila euro per le remunerazioni dei quattro sacerdoti che sono coperte in parte dall’Ufficio diocesano del Clero, i 36mila per lo stipendio del sacrestano, i 14mila a copertura della convenzione con le suore, 6.300 euro di contributo alla Diocesi, 18mila per le candele ed altri beni di consumo, le utenze (luce, acqua, riscaldamento) sono costate 80mila euro, le tasse («Perchè anche la Parrocchia paga e tasse») 43mila euro, 107mila di contributi vari, mentre le opere di carità hanno pesato per 57mila euro.
Per quanto riguarda le entrate (in totale circa 320mila euro), l’introito principale resta quello delle offerte. E qui sta la nota dolente: nel 2018 con la questua domenicale e le benedizioni natalizie sono stati racimolati 80mila euro. Cifra importante ma inferiore a quella dell’anno precedente e che conferma un trend in drammatico calo. «Non facciamo i conti in tasca a nessuno, ma rapportato il numero dei fedeli a messa con quanto viene raccolto, risultano in media 50 centesimi a testa» ha riferito don Milani. Le offerte legate ai sacramenti (battesimi, matrimoni, funerali) hanno portato circa 25mila euro. «Noi preti non siamo certo qui ad impartire i sacramenti a pagamento come fossero prestazioni professionali, ci mancherebbe. Ma da qualche parte i soldi devono pure entrare...». Al netto dei privati e delle istituzioni che nel 2018 hanno contributo con 27mila euro, risultano pressoché «sparite» le donazioni extra, eredità e lasciti di vario tipo. Restano per fortuna gli introiti dagli affitti, circa 60mila euro.

Iratorio, casa alpina e asilo

Bilancio in pareggio per l’Oratorio, mentre la Casa Alpina, che viene gestita dai volontari (don Milani li ha ringraziati, «spesso ci rimettono di tasca propria»), ha dovuto affrontare spese per manutenzioni varie pari a 27mila euro.
E c’è anche la scuola materna parrocchiale, che stando al preconsuntivo è in deficit di 30mila euro («investire nell’educazione costa»).

L'appello

A fronte di questo quadro economico, don Milani ha francamente posto una domanda: «Se siamo in perdita sull’ordinario, come possiamo affrontare un intervento straordinario?». Chiaro il riferimento al progetto del nuovo oratorio ereditato dal predecessore don Franco Cecchin. «Comunque il nuovo oratorio si farà, perché ne abbiamo bisogno, perché non possiamo certo lasciare un’area sbancata in mezzo alla città. Come non lo so, ma troveremo il modo, con l’aiuto di tutti». E qui don Davide ha chiuso con un appello: «So che volete bene a questo luogo. I nostri padri si sono tolti il pane di bocca per farlo. Noi ci toglieremo qualche caffè. E’ la nostra casa dopo tutto».

Seguici sui nostri canali