El quatòrdes, ovvero la casa chiusa di Lecco

Era il febbraio del ‘58 quando fu promulgato il testo che abolì le «case di tolleranza». A Lecco ce n’era una, in via dell’Isola. Curioso, poi l’episodio del bordello che aprì e subito chiuse a Malgrate.

El quatòrdes, ovvero la casa chiusa di Lecco
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El quatòrdes, ovvero la casa chiusa di Lecco. «Il quattordici», come appunto il numero civico di questo palazzo. Di più meglio non dire, in una città come Lecco, piccola ma frequentata, anche da donne che certo non erano delle educande. Una parola che spalancava un mondo cui più di un lecchese si era rivolto, là in via Lucia, poi diventata via dell'Isola, una volta che la toponomastica cittadina aveva uniformato i diversi rioni della città. Là dove oggi si trova una struttura d'accoglienza per i migranti, fino al 1958 c'era una casa di tolleranza.

La casa chiusa di Lecco

La scorsa settimana si sono ricordati i 60 anni della Legge Merlin, il testo cioè che abolì la regolamentazione della prostituzione chiudendo le case chiuse. Un testo che ebbe il suo impatto anche sulla città di Lecco, privandola di quella struttura che chiuse definitivamente il 20 settembre '58, tra le ultime in tutta Italia a «smontare servizio». Nella Lecco della Prima Guerra Mondiale, però, si ricorda anche la nascita della «Casa del Soldato», situata al teatro dell’oratorio della Basilica di San Nicolò, che voleva offrire ai giovani lecchesi e ai tanti soldati di stanza nella nostra città attività d’intrattenimento diverse e più edificanti da quelle che potevano trovare nella casa di Pescarenico.

Il racconto di Arnaldo Ruggiero

La storia lecchese non conosce altre case chiuse sul territorio. Ma ci ha regalato la vicenda curiosa di un'altra struttura che fu aperta a inizio secolo a Malgrate, solo per pochi giorni. A raccontarcela è la penna di Arnaldo Ruggiero, storico giornalista lecchese, che nel '68 (dieci anni dopo la Legge Merlin), raccontava sul Corriere della Provincia quanto accadde nel 1912: «Per suggerimento di chi sa chi, una megera “imbarcò” tre donne, che non erano delle... vestali e aprì a Malgrate una “casa chiusa”». Il via-vai non passò inosservato, e a tuonare fu perfino il parroco. «Il 13 luglio venne affisso alle cantonate delle case principali un grande manifesto, sul quale si lesse il seguente proclama: “Malgratesi, l'onestà dei costumi fu sempre vanto della nostra popolazione, la quale fu sempre persuasa che senza moralità la Patria non può avere buoni e valorosi cittadini (…). Siccome nel nostro paese la pubblica moralità è minacciata, con grave danno della nostra quiete e dei nostri interessi, con grave trepidazione da parte dei genitori e scandalo per la gioventù, si invitano specialmente i padri e le madri di famiglia ad un pubblico comizio che si terrà domani nel cortile della filanda. In tale adunanza manifesteremo il nostro fermo proposito di voler allontanare da noi ogni incentivo al vizio».

Le dimissioni del Consiglio Comunale

Se all'inizio le autorità nicchiarono («Le “case chiuse” od eziandio “di tolleranza”, appunto perché... tollerate dallo Stato, che ci ricavava pure qualche baiocco, c’erano in tutta Italia»), la faccenda si fece complessa quando il consiglio comunale malgratese si dimise in blocco in protesta con la prefettura. Al commissario prefettizio toccò quindi la patata bollente, e dopo un altro comizio («chiuso al grido squillante di “Evviva Malgrate e la moralità”»), il questore di Como decise di revocare la licenza. Ma, prosegue Ruggiero, la cosa fece notizia: ci fu chi appellò Malgrate come «L’isola del pudore» (il poeta e commediografo Enrico Cavacchioli) e chi ancora, come il giornalista dell’Avanti Marco Ramperti, plaudì i malgratesi, con tono tra l’elegante e il paradossale: «Popolo invidiabile, cui non urge a nessuna ora e in nessuna contingenza altro bisogno, che non sia quello del pane quotidiano e

Quando Malgrate «fece notizia» e divenne «l’Isola del pudore»

Curiosa la storia della «casa di tolleranza» che aprì a Malgrate a inizio Novecento ma chiuse in breve tempo per le proteste dei malgratesi. E’ Arnaldo Ruggiero che ce la racconta, nel suo «Piccolo Mondo Antico Lecchese». L’iniziativa improvvisa di una donna, le lamentele dei cittadini guidati dal parroco, le dimissioni del consiglio comunale e, infine, la revoca della licenza.
Una vicenda che «fece notizia» e finì anche sulla stampa nazionale. Enrico Cavacchioli, poeta e commediografo, definì il paese «l’isola del pudore», più aulico e sarcastico fu invece Ramperti, giornalista dell’Avanti. «Benvenuta madonna moralità, dove, a specchio di lago, tra rustici muri, ogni fruscìo di fronda, sciacquìo d’onda, fantasia di campanaro diffonde, sul ritmo della più semplice vita, un ricordo e un monito di purità manzoniana! Benvenuta, nella terra dove il Foscolo fuggiva, coi creditori, le tentazioni urbane, e Parini temprava satire amare contro i peccati della città!».

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