Don Roberto Piazza racconta la sua esperienza da prete in Africa

La lettera dell'ex parroco di Pagnano di Merate.

Don Roberto Piazza racconta la sua esperienza da prete in Africa
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Lo aveva promesso, quando ha salutato i fedeli di Pagnano prima di partire per l’Africa, che avrebbe scritto loro una lettera, ma in ogni caso non prima di due mesi. E così ha fatto. A fine giugno a Casa Nicodemo è arrivata una lettera firmata dall’ex parroco «don Roberto Piazza, alias Gandalf». Una lettera sentita, e non priva di ironia nell’elencare le tante difficoltà di ambientamento (prima fra tutte quella di comunicare), ma che rivela, ancora una volta, l’amore sconfinato di don Roberto per quella terra lontana, difficile, ma meravigliosa. Ecco la lettera in formato integrale.

Cari amici, ormai sono qui da circa due mesi. Abbiamo finalmente ripristinato le comunicazioni ma dipendono sempre da dove mi trovo. Mi spostano a destra e a sinistra perché la casa parrocchiale in cui dovrò abitare a Mazabuka è in costruzione. Il vescovo di questa diocesi in accordo con quello di Milano desidera aprire una parrocchia nuova in questa città che si sta ingrandendo. Sarà dedicata a S. Agostino (santo africano da non dimenticare). Oltre alla parrocchia ci sono 8 villaggi (outstations) da seguire e a cui portare l’eucaristia.

I villaggi sono distanti e le strade terribili

Questi villaggi sono molto distanti da Mazabuka e questo significa che raggiungerli per dire la messa occupa l’intera domenica. Probabilmente riusciremo a visitare ciascuno di loro solo una volta al mese. Nel frattempo sto cercando di ambientarmi tra mal di schiena, di testa, il sole (non lo vedevo da cinque mesi stando in Irlanda), materassi terribili, formiche nel water, ragni ovunque, farfalle ovunque (una meraviglia per chi le vede), bambini che ti rubano il cuore, pronuncia afro-inglese incomprensibile, tamburi e danze, strade impraticabili fatte di terra o di buchi, plastica ovunque e la proverbiale calma africana che ti fa impazzire.

Le case sono fatte col fango ma dentro ci sono divani

Ho trascorso dieci giorni con don Angelo e don Francesco (due preti “milanesi” come me) a Situmbeko, visitando i villaggi intorno alla loro parrocchia. Incredibile vedere come vive questa gente in mezzo al nulla del bush (termine per indicare una savana con arbusti) senza corrente elettrica e andando al pozzo per prendere l’acqua. Le case sono fatte col fango e i tetti di paglia, ma le sorprese ci sono comunque come quando entrando in una di queste “case” ti trovi dei divani come i nostri. L’ultimo giorno abbiamo fatto un “pellegrinaggio” in questo “nulla” portando una statua lignea della madonna (w Pagnano che non mi abbandona). Ora ho iniziato il corso di lingua Tonga (ma temo che le mie sinapsi cerebrali ormai non siano più in grado di memorizzare) in un centro pastorale nella città di Monze (unico alunno).

Il cibo non è speciale, ma lo è il cielo stellato

Riguardo al cibo qui non fanno che mangiare la polenta bianca che è proprio triste ma in compenso le banane sono straordinarie. Visto che non posso consolare granché lo stomaco, consolo gli occhi studiando la flora locale che è molto interessante, le farfalle (ho già contato 25 specie) e altri animali. Ma se il cibo non possiamo considerarlo speciale di sicuro lo è il cielo stellato. Così finalmente posso mettere in pratica uno dei miei punti della regola di vita: “osservare le stelle almeno una volta al mese” (e qui lo posso fare tutte le sere).

Dico la messa in inglese, devo imparare a ballare

Ecco ora mi aspettano tre mesi in questa oasi, altro tempo per pensare, pregare, studiare. Durante il week-end torno a Mazabuka (un’ora e mezza) e abito con don Paolo e due preti africani nell’unica parrocchia della città cercando di capire cosa significa fare pastorale in un centro abitato rispetto ai villaggi della savana. Dico la messa in inglese mentre don Paolo predica. Devo anche imparare a ballare durante la messa (il movimento non è ovvio), e a proposito, ho conosciuto le Banaba Stella, il gruppo delle ragazze che danzano (qui è addirittura un’istituzione come i chierichetti).

La parrocchia è divisa  in piccole comunità cristiane

La parrocchia invece è divisa in quartieri che sono chiamati “piccole comunità cristiane” e ognuna di esse ha 5 responsabili eletti ogni tre anni. Inoltre ci sono i gruppi laicali che hanno un’appartenenza trasversale alle comunità (un po’ come una volta Le figlie di Maria o La Fraternità del Santissimo Sacramento) e anch’essi hanno dei responsabili.

La difficoltà più grossa ora è la comunicazione

La difficoltà più grossa che avverto ora è la comunicazione, soprattutto quando si tratta di organizzare e discutere e non semplicemente di salutare. Ho fatto qualche prova di guida con la jeep in attesa di avere la patente, guidare su queste strade sterrate, che immagino nella stagione delle piogge essere terribili o impossibili (visto come sono ora), sarà una sfida. A fine agosto in occasione della festa di S Agostino inaugureremo la nuova parrocchia anche se esisterà solo la comunità e non le strutture. E questo bisogna ammettere che è decisamente interessante!. Grazie vi abbraccio. alla prossima. Magari vi scrivo in Tonga.

Don Roberto Piazza, alias Gandalf

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