Canapa light: punti vendita a rischio

Spada di Damocle sui negozi nel Lecchese?

Canapa light: punti vendita a rischio
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Canapa light: punti vendita a rischio. Il Consiglio Superiore della Sanità raccomanda limiti al commercio.

Canapa light: punti vendita a rischio

Erano diventati in breve una vera e propria miniera d’oro i “canapa shop” diffusi in tutta Italia, nel lecchese (clicca qui per leggere tutti gli articoli) ora però la vendita della “canapa legale” potrebbe subire un forte ridimensionamento dopo il parere espresso dal Consiglio superiore della sanità (Css), su richiesta qualche mese fa dal Ministero della Salute. Oggetto della presa di posizione i «prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa».

Le raccomandazioni del CSS

Il Css ha ritenuto che «non può essere esclusa la pericolosità».

«I prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa – evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” – sono attualmente venduti nei ‘canapa shop’ come un prodotto da collezione, dunque non destinato al consumo. Secondo quanto indicato da documento: «La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni, non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili.

Consumo senza possibilità di monitoraggio

Tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine».

Pertanto, il Css mette però in guardia rispetto ad un possibile uso di tali prodotti, avvertendo che «non può essere esclusa la pericolosità» della cosiddetta cannabis o marijuana light. Per questo «raccomanda che siano attivate nell’interesse della salute individuale e pubblica misure atte a non consentire la libera vendita».

Al momento non sono stati presi provvedimenti ufficiali. Qualora si arrivasse a un divieto di commercializzazione sarebbe un disastro economico per una filiera in piena espansione e che ha avuto exploit considerevoli negli ultimi anni.

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